In relazione al call for papers sul viaggio vorrei inziare qui, con commenti o post, se qualcuno ne ha voglia, una discussione di preparazione.
Ovviamente i criteri di pubblicazione restano quelli standard: commentare o postare non significa avere l’articolo accettato.
Inizio col dire che l’idea di un numero sul viaggio mi è venuta … in viaggio. A Berlino, per la verità. Ovviamente la letteratura sui viaggi è troppa per poterla persino citare. Quindi escluderei analisi di letteratura di viaggio, che pure sarebbe un bel tema, ma andremmo sulla semiotica letteraria, che non è un settore particolarmente praticato da Ocula. Anche se, forse, la semiotica della letteratura, dopo un boom negli anni 70-80, oggi sembra praticamente defunta. Ma tant’è. Ho pensato che fosse meglio chiedere a dei semiotici (o affini, ma molto affini) di raccontare semioticamente un loro viaggio. Vero, o falso ma raccontato come vero. Chissà, magari lo raccontiamo, o analizziamo, senza particolare originalità. Ma credo che qualcosa dovremmo riuscire a dire, a modo nostro.
All’idea si è associato Davide Gasperi, e ora siamo noi due gli editor, e attendiamo con ansia di avere proposte.
Gli spunti sono tanti. Sono appena andato a comprare le sigarette e prendere un caffè al bar vicino a casa mia. Purtroppo non ho tempo per una passeggiata o un po’ di jogging. Può essere un viaggio andare a comprare le sigarette? A Rimini si racconta di un signore che disse alla moglie “Vado a comprare le sigarette”. E sparì. Tornò dopo dieci anni. Aprì la porta. La moglie era ai fornelli con i bambini che le correvano intorno e aggrappati alle gonne. Lui fa: “Sono tornato”. E lei, senza neppure voltarsi: “C’era la fila, dal tabaccaio?” La storia è in dialetto, il che la rende molto più divertente. Ma siamo una rivista accademica e magari del dialetto ci occuperemo in un altro momento. Andare a compare le sigarette o a fare la spesa all’ipermercato può essere un viaggio anche in altri sensi.