Il passaggio dal governo Berlusconi al governo Monti sembra fatto apposta per illustrare la nozione semiotica di assiologia, vale a dire di rappresentazione di una categoria semantica nel quadrato semiotico.
Prima, avevamo un Presidente del Consiglio imprenditore, dunque un uomo dedito alla pratica, ora abbiamo un professore, dunque un teorico. Mentre Berlusconi era un uomo di eccessi e appetiti (“Molto lavoro, molto divertimento”, usa dire) ora abbiamo un premier all’insegna della sobrietà e del controllo, il divertimento del quale è visitare musei.
In un primo quadrato avremo:
Il quadrato semiotico ci mostra nei sub-contrari i punti deboli di Berlusconi: mancanza di una teoria (programma, visione) difficoltà nel controllo (di sé, del suo partito), che hanno portato alla fine prematura del governo da lui presieduto. Saranno anche i sub-contrari i rischi del governo Monti? Già i primi fatti ci indicano che possono esserlo: mancanza di contatto con la pratica (la vita quotidiana), carenza di passioni e slanci. Se fossi lo Spin Doctor di un Monti candidato, dovrei consigliarlo di lavorare su questi punti deboli.
Soprattutto, però, colpisce una opposizione che pare fatta apposta per il quadrato semiotico: Berlusconi non aveva i voti neppure del suo partito (a partire dalla defezione dei finiani e dalle ‘campagne acquisti’ successive); Monti ha i voti di partiti non suoi (poiché non ha un partito).
Proviamo dunque a scrivere questo quadrato:
Questo quadrato rivela anche di più, sempre osservando i sub-contrari: Berlusconi ha dovuto rinunciare al mandato perché, nonostante l’emergenza, non era in grado di costituire un governo di unità nazionale, raccogliendo i voti di partiti di opposizione (i voti dei non suoi). Il sub-contrario del negativo, invece, non va ridotto con logica algebrica a “Ha i voti dei suoi” eliminando la doppia negazione. Ma leggendo “Non è vero che non ha i voti dei suoi”, o, tirando un po’ la logica per i capelli (ma la semiotica non è deduttiva, è strumento per descrivere il senso) “Non può non avere i voti dei suoi”. E infatti, Monti si regge di fatto su una non-opposizione, più che su una maggioranza.
E questo, ancora una volta, è ovviamente il suo rischio: stare seduto su un “non poter non sostenere” il governo invece che un “voler sostenere”.