Che cosa hanno in comune i fratelli di Charles Sanders Peirce e di Diego Armando Maradona? —
Il fratello di Charles Sanders Peirce:
«Mi ricordo bene di quand’ero ragazzo e mio fratello Herbert, ora nostro rappresentante diplomatico a Christiania, era poco più di un bambino: un giorno tutta la famiglia era a tavola, e da una lampada a spirito, o forse da uno scaldavivande, cadde un po’ di alcool incendiato sul vestito di mussola di una delle signore; Herbert balzò in piedi all’istante e fece tutto quello che doveva essere fatto e ogni suo movimento si adattava nel modo più abile allo scopo. Lo interrogai in proposito e mi disse che dalla morte della signora Longfellow aveva spesso passato in rassegna nell’immaginazione tutti i particolari di ciò che si sarebbe dovuto fare in una emergenza simile. Ecco un esempio notevole di un abito prodotto da esercizi nell’immaginazione». (Peirce, CP 5.487).
Così scriveva il filosofo americano in una nota del saggio A Survey of Pragmaticism (1905-1907). Christiania è l’odierna Oslo. L’antefatto accaduto al fratello Herbert accadde a Cambridge nel 1861: la seconda moglie del poeta H.W. Longfellow, mentre sigillava alcuni plichi, lasciò cadere sul suo vestito alcune gocce infuocate di ceralacca; le fiamme l’avvolsero rapidamente procurandole ustioni mortali.
Il paragrafo dove è inserita la nota è quello in cui Peirce definisce l’abito come «la tendenza a comportarsi effettivamente in un modo simile in circostanze simili nel futuro», tenendo conto che «ognuno esercita un maggiore o minore controllo su se stesso modificando i propri abiti».
Il fratello di Diego Armando Maradona:
«Quel goal lo avevo sognato tutta la vita, e finalmente mi riuscì, addirittura in un mondiale. Prima di quel mondiale avevo giocato moltissime partite in Italia, in Argentina e nel mondo, ma mai ero riuscito a realizzare quel goal.
Nel 1979 con la nazionale argentina andammo a giocare a Wembley, la cattedrale del calcio. Ecco, non da così lontano, quasi da metà campo, feci una giocata quasi identica. Quando il portiere – Clemence, non Shilton – uscì, lo fece allo stesso modo in cui è poi sarebbe uscito Shilton nel mondiale del 1986. Con la parte esterna del piede sinistro calciai la palla sul secondo palo, ma andò fuori. Quando ritornai in Argentina, il mio fratello più piccolo mi disse: “Perché non hai dribblato il portiere?”. E io: “Guarda che ho fatto del mio meglio, la cosa migliore che potessi fare!”. E lui: “No, avevi il tempo e lo spazio per dribblare anche il portiere”.
Questa sua osservazione mi rimase in mente, come un pensiero costante. Al mondiale, mi ricordai di quello che lui mi aveva detto solo quando andai a esultare e a urlare “goal!”. Si vede che quel calcolo mi era rimasto in mente».
Questo ha raccontato il campione argentino descrivendo e commentando il secondo gol segnato all’Inghilterra nei mondiali di calcio il 22 giugno 1986 allo Stadio Azteca di Città del Messico.
Il testo qui citato è una mia trascrizione, con aggiustamenti ma fedele, tratta da una intervista ascoltabile sul canale YouTube di Paolo Potenza (<https://youtu.be/wdf2Wus6U3k>, consultato il 10 settembre 2020).
A più di un secolo di distanza, il fratello di Maradona di fatto consiglia al Pibe de Oro di acquisire, con esercizi nell’immaginazione, il medesimo abito su cui per anni si era esercitato il fratello di uno dei fondatori della semiotica moderna, il filosofo dell’abduzione.